Avvocato Giovanni Pellacchia, il tempo delle unioni civili 2.0
In tema di unioni civili al tempo del web 2.0 abbiamo raggiunto l’Avvocato Giovanni Pellacchia del Foro di Roma per parlare delle convivenze di fatto. Per conviventi di fatto – scrive Giovanni Pellacchia – si intendono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione, da matrimonio o da unione civile. L’accertamento della convivenza stabile viene accertata attraverso il combinato disposto degli articoli 4 e 13 comma 1 lettera b) del d.P.R. 223/89 intitolati rispettivamente “famiglia anagrafica” e “ costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza”. Dunque, per Giovanni Pellacchia oggi è il tempo giusto affinché i conviventi di fatto siano assimilati ai coniugi per l’Ordinamento Penitenziario Le convivenze di fatto. Dal punto di vista etico morale la convivenza di fatto determina la possibilità poter usufruire degli stessi diritti di visita presso strutture ospedaliere o comunque di assistenza pubblica di persone che siano unite da legame di coniugio o parentela. Ciascun convivente può designare l’altro quale rappresentante con poteri pieni o limitati nei casi in cui uno di essi sia affetto da malattia fisica che comprometta la propria capacità di intendere e volere oppure in caso di decesso per ciò che riguarda la donazione di organi ,le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.
Tale designazione deve avvenire obbligatoriamente in forma scritta: nel caso ciò non fosse possibile, la volontà può essere espressa attraverso la presenza di un testimone. Aggiunge Giovanni Pellacchia che in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo equivalente alla durata della convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre cinque anni. Laddove nella stessa casa coabitino figli minori o disabili del convivente superstite lo stesso ha diritto di continuare a vivere nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni. Quanto sovra previsto viene meno se il convivente superstite cessi di abitare volontariamente la casa di comune residenza o perfezioni matrimonio, unione civile o nuova convivenza di fatto. In caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto può succedere nel contratto.
Continua Giovanni Pellacchia: se giunge il tempo di morte del proprietario della casa di comune residenziali convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo equivalente alla durata della convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre cinque anni. Laddove nella stessa casa coabitino figli minori o disabili del convivente superstite lo stesso ha diritto di continuare a vivere nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni. Quanto sovra previsto viene meno se il convivente superstite cessi di abitare volontariamente la casa di comune residenza o perfezioni matrimonio, unione civile o nuova convivenza di fatto. In caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto può succedere nel contratto. Le convivenze di fatto, in caso di bando o concorso per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare determinano gli stessi effetti previsti dall’appartenenza ad un gruppo familiare. Articolo 230 del Codice Civile (Diritti del Convivente) – citato da Giovanni Pellacchia: “Al convivente di fatto che presta stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente a una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spe/a qualora tra i conviven4 esista un rapporto di società o di lavoro subordinato”.
Nella forma della domanda da proporsi con ricorso esperibile per l’interdizione o per l’inabilitazione presso il Tribunale competente il luogo ove risiede la persona interdicenda o inabilitanda deve essere indicato, se c’e’, il convivente di fatto ( articolo 712 CPC). Ancora il tempo di leggere Giovanni Pellacchia, che scrive che il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno , qualora l’altra parte sia dichiarata interdetta o inabilitata o destinataria in qualità di beneficiaria ai sensi della legge n.6/2004[articolo 404 c.c.]. In caso di morte del convivente di fatto per fatto illecito di un terzo, si applicano i medesimi criteri individuati per il coniuge superstite. (credits: dispense Giovanni Pellacchia dal sito web www.giovannipellacchia.it)
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